1) Uno stampo del naso originale del paziente viene prelevato prima della sua rimozione chirurgica. Questo stampo viene utilizzato per creare un secondo stampo - in vetro - Le cellule dal midollo osseo del paziente vengono coltivate in laboratorio e quindi aggiunti al naso, che è posto in un bioreattore, un grande vaso contenitore che ruota.
2) Per circa due settimane, il bioreattore viene mantenuto a temperatura corporea (37 ° C), che aiuta le cellule a crescere . Allo stesso tempo, un palloncino viene inserito sotto la pelle su un braccio del paziente. Ogni pochi giorni il palloncino viene gonfiato un po 'di più per incoraggiare la pelle ad allungarsi.
3) Il ponteggio, rivestito di cellule del paziente, viene rimosso dal bioreattore e impiantato chirurgicamente sotto la pelle del braccio , dove rimarrà per tre mesi. Appena si sviluppa un apporto di sangue il naso, insieme alla sua nuova pelle, viene quindi estratto dal braccio e chirurgicamente attaccato al viso del paziente.
4) L'applicazione del naso è un complesso e delicato procedimento perché i vasi sanguigni devono essere ricollegati. Se questa operazione ha successo, il team chirurgico in seguito toglie la pelle che copre le narici. Le cellule della mucosa derivate dal paziente vengono impiantate nelle cavità delle narici, producendo le funzioni dellorgano.
Gli scienziati UCL sono attualmente nella fase 3 - il naso è ormai impiantato nel braccio dell'uomo. Una volta trasferito nel volto, si spera che il naso possa fornire al paziente il senso olfattivo. L'uomo ha anche chiesto che il suo nuovo naso sialeggermente piegato verso sinistra, proprio come era il suo originale.
Un uomo d'affari è in volo per New York ed è seduto vicino ad una bionda stupenda, quando si accorge che la donna sta leggendo un manuale di statistica sessuale.
Incuriosito chiede di cosa si tratti.
"E' un libro molto interessante. Lo sapeva lei che gli Arabi hanno il pene più lungo, mentre ai napoletani spetta il primato del maggior diametro?
Comunque io mi chiamo Jessica, e lei?"
"Mohammed Esposito, molto piacere".
Tu dici che ami la pioggia, ma apri il tuo ombrello.
Tu dici che ami il sole, ma cerchi un posto all'ombra.
Tu dici che ami il vento, ma chiudi la tua finestra.
è per questo che ho paura, tu dici che ami anche me.
Il premier tecnico,( Mario Monti) con l'appoggio trasversale dei più grandi partiti, ha approvato l'acquisto di due sommergibili per la modica cifra di due miliardi di euro.
In un'Italia popolata da esodati, disoccupati e malati alle prese con una Sanità decadente, non si capisce la ragione per cui il Governo decida di investire tanto in armi quando ci sono settori che avrebbero di gran lunga più bisogno di fondi.
Per l'acquisto di due sottomarini militari U-212, lo Stato spenderà 2 miliardi (170 milioni l'anno) grazie a una norma confermata dalla legge di Stabilità voluta dal governo Monti e approvata da Pdl, Pd e Terzo Polo.
La spesa equivale a metà di quanto lo Stato ha incassato dagli italiani con l'IMU.
Solitamente, un sommergibile viene usato in battaglie marine e non per individuare le rotte dei delfini.
La materia del contendere oggi è rappresentata dalle spese militari, un business che non conosce confini e che sposta nelle mani della pluri-indagata Finmeccanica e Fincantieri centinaia di miliardi nostri.
Dato che "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (art. 11 Cost.), ogni spesa per gli armamenti puzza di anticostituzionalità.
Certo, il paese deve avere un esercito cui affidare la propria difesa in caso di attacco (quale?), ma girare centinaia di miliardi per acquistare/produrre mezzi di guerra e quindi di offesa è uno scandalo.
PROGETTO
Il programma iniziato nel 1994 nell'ambito del German Submarine Consortium ha portato alla realizzazione di sei unità per la marina tedesca e, in Italia, dei due battelli Todaro e Scirè, consegnati da Fincantieri rispettivamente nel 2006 e nel 2007, con opzione per altri due sommergibili.
I sommergibili italiani sono leggermente diversi dai quelli tedeschi in quanto destinati ad operare nel Mediterraneo e non nel mare del Nord e nel Baltico come quelli tedeschi e costituiscono il tipo U-212A.
I battelli tipo U-212 sono l'ultimo modello di sottomarini diesel-elettrici tedeschi, e sono tra i migliori a livello mondiale. Il loro progetto non deve quasi nulla ai precedenti, che sostanzialmente erano "ingrandimenti" del disegno originario, potenziato via via, della prima classe di sottomarini tedeschi postbellici, la classe 204. Molto compatti, silenziosi, dotati di sistema AIP per la rigenerazione dell'aria, gli U-212 sono stati venduti a Germania ed Italia, che ha abbandonato la sua tradizione di costruttrice autonoma di sommergibili dopo il fallito Progetto S-90, successore dei Sauro, optando per un programma comune con la Germania. La finanziaria 2008 e il successivo parere favorevole della commissione Difesa della Camera hanno autorizzato la costruzione di due ulteriori unità, esercitando l'opzione prevista nel contratto iniziale.
Di questi sottomarini, ne sono stati costruiti anche con delle varianti tre per Israele che costituiscono la Classe Dolphin, che pur essendo molto simili alla classe U212 derivano direttamente dalla classe U-209, con varie modifiche e miglioramenti, e non hanno una propulsione AIP, ma diesel-elettrica tradizionale. Si dice che i sommergibili israeliani dispongano anche di missili nucleari lanciabili dai tubi lanciasiluri, affermazione non verificabile giacché lo stato ebraico si rifiuta di entrare nel TNP e di sottoporsi alle ispezioni dell'IAEA; in effetti i tubi lanciasiluri delle unità israeliane sono stati modificati per potere lanciare i missili Harpoon e Popeye e questi ultimi missili sono in grado di essere armati con testate nucleari. Le unità israeliane sono dotate di quattro tubi lanciasiluri in più di quelle italo-tedesche ed a sua volta questi tubi lanciasiluri hanno un diametro maggiore di 4,5 pollici rispetto a quelli da 21 pollici. Il sospetto è che da questi tubi possa essere lanciato un veicolo idoneo a trasportare in superficie i missili Popeye per poi lanciarli.
COSTRUZIONE
I sommergibili U-212 sono unità di medie dimensioni, e nella loro costruzione sono state impiegate tecnologie innovative che permettono prestazioni molto avanzate. Lo scafo realizzato in materiale amagnetico ha concezioni stealth con notevole riduzione della segnatura acustica, ottenuta anche grazie alla propulsione AIP, basata sull’impiego delle celle a combustibile, in cui l’idrogeno e l’ossigeno vengono fatti reagire per produrre energia elettrica, indipendentemente dall'aria, un sistema innovativo per la generazione di energia, che garantisce un'autonomia in immersione da tre a quattro volte superiore a quella dei sistemi a batteria e che può trovare applicazione in molteplici settori.
I battelli U-212 sono sottomarini d'attacco progettati per affrontare sia unità subacquee che di superficie e sono in grado di sbarcare sotto costa reparti d'incursori.
I due battelli italiani si sono già distinti per le loro qualità tecniche nell'ambito di alcune campagne addestrative multinazionali, soprattutto in Atlantico dove hanno operato al fianco dei sottomarini a propulsione nucleare della US Navy. Nel corso del 2009 lo Scirè ha partecipato alle esercitazioni congiunta con la US Navy JTFEX (Joint Task Force Exercise) e CONUS '09. Nel 2008 il Todaro aveva svolto una campagna addestrativa oltre Atlantico prendendo parte insieme a sottomarini a propulsione nucleare della US Navy alle esercitazioni JTFEX (Joint Task Force Exercise), tra le più importanti esercitazioni multinazionali nel settore subacqueo; con quella crociera da 15000 miglia il Todaro è stato il primo sottomarino italiano a raggiungere gli Stati Uniti.
Il 9 dicembre 2009 si è svolta, sempre presso il cantiere navale di Muggiano, la cerimonia del taglio della prima lamiera del primo della seconda coppia dei sottomarini U212 A della Marina Militare. I battelli sono stati commissionati dalla direzione generale degli armamenti navali, e quando entreranno in servizio tra il 2015 e il 2016, sostituiranno i due battelli della classe Sauro III Serie: il Prini e il Pelosi, realizzati alla fine degli anni ottanta.
Dopo l'entrata in servizio di questi due sottomarini, a metà del prossimo decennio la flotta subacquea italiana sarà composta da quattro battelli classe Todaro e dagli ultimi due della classe Sauro, il Priaroggia e il Longobardo, appartenenti alla IV Serie.
Fonte: Wikipedia
L’energia fotovoltaica (cioè solare convertita in elettricità) non
vive il suo momento più brillante. Il governo ha fatto i conti e si è
accorto che gli incentivi erano troppi generosi, così ha brutalmente
azzerato quelli ai nuovi impianti. Il risultato è che nel 2013 parlare
di fotovoltaico significa soprattutto raccogliere i lamenti delle
aziende di settore che vedono quasi sparire il loro mercato: senza
sussidi pubblici la convenienza economica di questa tecnologia è
crollata.
Ma ci sono anche notizie in vistosissima controtendenza. E in particolare ce n’è una così grossa che sembra entrare a pieno titolo nella categoria delle notizie «troppo grosse per essere vere». Un’azienda che si chiama Officinae Verdi (con la «ae» finale latina) si vanta, numeri alla mano, di poter costruire impianti fotovoltaici la cui energia è competitiva con quella dei combustibili fossili (cioè il petrolio, il gas e il carbone) senza bisogno di incentivi. Se è davvero così è una svolta epocale, l’evento atteso da decenni. E l’azienda ha delle credenziali formidabili perché è compartecipata dal Wwf (la grande associazione ambientalista) e dal gruppo bancario Unicredit oltre che da un partner industriale (Solon) che fornisce la tecnologia. Oltretutto la validità del sistema è stata confermata dal ministero dell’Ambiente.
Sogno o realtà? Cominciamo dai numeri. Officinae Verdi propone alle imprese impianti di produzione per l’autoconsumo al costo di 0,09 euro per chilowattora. È un costo competitivo con quello dell’elettricità acquistata nella rete e inferiore del 50% rispetto alla media attuale di generazione dell’energia fotovoltaica. Il tasso di efficienza energetica (un altro parametro fondamentale in questa attività) quasi raddoppia rispetto agli standard usuali con un +86%. Ai tecnici di Officinae Verdi piace sintetizzare il risultato usando il termine tecnico di «grid parity» per indicare «la pari convenienza economica tra l’energia prodotta da un loro impianto fotovoltaico e quella acquistata dalla rete e prodotta da combustibili fossili», un obiettivo che sembrava lontano e invece è già realtà. E questo, ripetiamo, senza incentivi pubblici.
Ma com’è possibile questo miracolo? Lo spiega l’amministratore delegato Giovanni Tordi: alla base non c’è una singola invenzione a fare da bacchetta magica, ma una serie di innovazioni e di procedure assemblate in maniera ottimale in vista dello scopo.
Si comincia con un’analisi accurata delle esigenze energetiche dell’azienda (perché almeno per qualche mese si l’offerta è rivolta solo alle aziende, non alle famiglie) e su questa base si stende il progetto su misura. La convenienza è massima per le imprese molto energivore, come le cartiere, i cementifici, i produttori di ceramica. Poi il modo in cui si costruire l’impianto riduce del 20% i tempi di installazione. Il costo dei pannelli solari, che negli impianti fotovoltaici tradizionali ammonta a più della metà dell’onere complessivo, nella versione di Officinae Verdi scende al 40%.
Messi assieme tutti questi risparmi, «per un impianto della potenza installata di 100 kW - dice Giovanni Tordi - il costo è di 135 mila euro, molto competitivo rispetto ai concorrenti». I cavi, i quadri, gli inverter, pannelli, schemi elettrici perseguono l’obbiettivo della massima produzione, raggiungendo il +86% di efficienza di cui si diceva. Così «l’impianto si ammortizza in 6 anni, ed è previsto per durare per venti-venticinque anni.
Qui si arriva a uno dei nodi della parità con gli incentivi: «Un impianto fotovoltaico tradizionale di pari caratteristiche - calcola Tordi - si ammortizza in sei anni o sei anni e mezzo, il nostro si ammortizza nello stesso tempo senza incentivi». Si tenga anche presente che «con questo sistema l’azienda produce energia sul suo tetto e la consuma in loco, senza pagare le spese di trasporto e distribuzione che dovrebbe pagare con le bollette».
Fonte : La Stampa
Ma ci sono anche notizie in vistosissima controtendenza. E in particolare ce n’è una così grossa che sembra entrare a pieno titolo nella categoria delle notizie «troppo grosse per essere vere». Un’azienda che si chiama Officinae Verdi (con la «ae» finale latina) si vanta, numeri alla mano, di poter costruire impianti fotovoltaici la cui energia è competitiva con quella dei combustibili fossili (cioè il petrolio, il gas e il carbone) senza bisogno di incentivi. Se è davvero così è una svolta epocale, l’evento atteso da decenni. E l’azienda ha delle credenziali formidabili perché è compartecipata dal Wwf (la grande associazione ambientalista) e dal gruppo bancario Unicredit oltre che da un partner industriale (Solon) che fornisce la tecnologia. Oltretutto la validità del sistema è stata confermata dal ministero dell’Ambiente.
Sogno o realtà? Cominciamo dai numeri. Officinae Verdi propone alle imprese impianti di produzione per l’autoconsumo al costo di 0,09 euro per chilowattora. È un costo competitivo con quello dell’elettricità acquistata nella rete e inferiore del 50% rispetto alla media attuale di generazione dell’energia fotovoltaica. Il tasso di efficienza energetica (un altro parametro fondamentale in questa attività) quasi raddoppia rispetto agli standard usuali con un +86%. Ai tecnici di Officinae Verdi piace sintetizzare il risultato usando il termine tecnico di «grid parity» per indicare «la pari convenienza economica tra l’energia prodotta da un loro impianto fotovoltaico e quella acquistata dalla rete e prodotta da combustibili fossili», un obiettivo che sembrava lontano e invece è già realtà. E questo, ripetiamo, senza incentivi pubblici.
Ma com’è possibile questo miracolo? Lo spiega l’amministratore delegato Giovanni Tordi: alla base non c’è una singola invenzione a fare da bacchetta magica, ma una serie di innovazioni e di procedure assemblate in maniera ottimale in vista dello scopo.
Si comincia con un’analisi accurata delle esigenze energetiche dell’azienda (perché almeno per qualche mese si l’offerta è rivolta solo alle aziende, non alle famiglie) e su questa base si stende il progetto su misura. La convenienza è massima per le imprese molto energivore, come le cartiere, i cementifici, i produttori di ceramica. Poi il modo in cui si costruire l’impianto riduce del 20% i tempi di installazione. Il costo dei pannelli solari, che negli impianti fotovoltaici tradizionali ammonta a più della metà dell’onere complessivo, nella versione di Officinae Verdi scende al 40%.
Messi assieme tutti questi risparmi, «per un impianto della potenza installata di 100 kW - dice Giovanni Tordi - il costo è di 135 mila euro, molto competitivo rispetto ai concorrenti». I cavi, i quadri, gli inverter, pannelli, schemi elettrici perseguono l’obbiettivo della massima produzione, raggiungendo il +86% di efficienza di cui si diceva. Così «l’impianto si ammortizza in 6 anni, ed è previsto per durare per venti-venticinque anni.
Qui si arriva a uno dei nodi della parità con gli incentivi: «Un impianto fotovoltaico tradizionale di pari caratteristiche - calcola Tordi - si ammortizza in sei anni o sei anni e mezzo, il nostro si ammortizza nello stesso tempo senza incentivi». Si tenga anche presente che «con questo sistema l’azienda produce energia sul suo tetto e la consuma in loco, senza pagare le spese di trasporto e distribuzione che dovrebbe pagare con le bollette».
Fonte : La Stampa
Il progetto viene considerato un'opera strategica in un contesto europeo. È essenziale la riduzione geografica tra gli Stati per rendere competitive le imprese e la marginalità sociale.
La crescita e lo sviluppo si creano con la realizzazione di adeguate infrastrutture che garantiscano la libera circolazione delle persone e delle merci, contribuendo in materia di cambiamenti climatici la riduzione delle emissioni di CO2 dei trasporti.
Le interconnessioni transfrontaliere sono l'elemento strategico centrale dell'Unione europea tra queste si ribadisce l'importanza del valico Torino-Lione.
Lo sviluppo infrastrutturale comprende anche le interconnessioni a livello regionale con Inteporti e piattaforme logistiche. La conversione di questa tratta consentirà il trasporto pianeggiante collocando il polo logistico di Orbassano nella rete internazionale di Hub.
Allo stato attuale il collegamento italo francese e una linea di montagna che costringe i treni ad una salita di 1250 m di quota con sovracosti esorbitanti, che passa attraverso una galleria dove non entrano i container oggi in uso per il trasporto merci.
No TAV : Per quanto riguarda la quota, la linea non parte dal livello del mare ma da Torino (239 m) e pertanto la "salita di 1250 metri" è da ridimensionare in quanto non corrisponde al dislivello né con Torino né con Lione.
NoTAV : Per quanto riguarda i container : nel 2011 si sono conclusi i lavori di adeguamento del tunnel della linea storica alla sagoma internazionale GB1, con una spesa di 107,8 milioni di euro (circa 400 milioni secondo altre fonti). Gli interventi, che hanno comportato uno scavo di abbassamento del fondo del tunnel di 70 cm e la scalpellatura delle pareti, riportati anche dal sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,consentono oggi il trasporto di casse e semirimorchi di profilo PC45 anziché, come in precedenza, del solo PC30. Va rilevato che mezzi di profilo maggiore del PC45 non possono transitare sulle linee italiane, francesi e spagnole, compatibili solo con profili inferiori (dal PC45 al PC22 tranne pochissimi casi).
Nel quadrante italo elvetico la ferrovia intercetta il 63% del traffico, nel quadrante italo francese non arriva al 7%. La linea storica del Frejus è come una macchina da scrivere nell'era del computer: un servizio che nessuno richiede più. Bisogna dunque creare una nuova infrastruttura che soddisfi la domanda di merci e persone.
Si prevede di realizzare l'opera per fasi.
La fase 1 il cosiddetto progetto "low cost" consiste nella realizzazione prioritaria del tunnel di base della connessione alla linea storica a Susa e S.Jean de Maurienne. Il costo complessivo ammonta a circa 8, 2 miliardi di euro da ripartire tra i due paesi. La comunità europea "potrebbe" contribuire con il 40% riducendo i costi per l'Italia ha 3 miliardi di euro.
No TAV: Di questa opera non c'è un piano finanziario conoscibile, cioè quanto costa rispetto a quanto ricava, è imbarazzante avviare un cantiere senza sapere il piano finanziario.I 10 nuovi corridoi ferroviari europei finanziati dalla Comunita Europea che sono formati ognuno da circa 6/7 progetti ,tutti molto costosi e senza ritorni finanziari (perchè se gli utenti dovessero pagare anche l'investimento sparirebbe il traffico) qundi di questi 10 corridoi si hanno una settantina di progetti ,i soldi disponibili dichiarati sono 31 miliardi, che ne vadano 3 miliardi all'Italia e in particolare 3 ad un solo progetto italiano ci sembra ardito. Stiamo a vedere gli altri 27 paesi cosa ne pensano che il 10% di tutti fondi vada ad un solo progetto italiano, la credibilità sembra un po' troppo bassa.
Gli interscambi europei sono in aumento e il territorio piemontese risulta collocato in un'area con straordinaria potenzialità dal punto di vista economico.
C'è stata attenzione alle richieste del territorio. Lo dimostra la decisione di abbandonare il progetto che prevedeva il tracciato dell'opera a sinistra della Dora.
L'osservatorio ha tenuto 183 sessioni di lavoro settimanale con oltre 300 audizioni. Sono previsti stanziamenti per € 300 milioni relativi all'intesa quadro tra governo nazionale e regione Piemonte. Inoltre sono previsti € 135 milioni di opere compensative per il territorio.
Grazie alla diminuzione della pendenza dell'attuale 33% al 12,5%, si dimezzano i tempi di percorrenza per i passeggeri e si incrementa la capacità del trasporto merci da 1050 a 2050 t. e lunghezza fino a 750 m del treno, con costi di esercizio quasi dimezzati.
Il miglioramento del servizio consentirà una sensibile riduzione del numero di camion su strada nel delicato ambiente alpino, circa 600.000 l'anno.
Si produrrà vantaggi di tipo collettivo grazie alla diminuzione degli incidenti stradali e delle minori emissioni da mezzi su gomma.
NoTAV: La tesi dei sostenitori del treno ad alta velocità è una operazione ambientale , togliamo i tir e carichiamo le merci sul treno.Sull'autostrada Torino Bardonecchia circolano circa 2200 tir al giorno in calo, sulla tangenziale di Torino circolano 200.000 veicoli al giorno, abbiamo 1 automobile ogni 2 persone, una sola linea metropolitana contro 5 di Lione , inquinamento in costante aumento in tutte le città mentre si spinge a comprare le automobili, come se non bastassero mai.Ma tutto cio' non è un controsenso.Questo improvviso amore per l'ambiente non si potrebbe dedicare al delicato ambiente cittadino con alto tasso di popolazione, finanziando le auto elettriche o ad altri ecosistemi ?
Insieme dei benefici generati dal progetto sono in grado di compensare il costo di investimento e i costi di gestione dell'opera.
L'inizio dei lavori principali della Torino Lione è previsto per il 2013. Il cantiere durerà 10 anni.
Saranno impegnate più di 2000 persone nella realizzazione della nuova linea, i cantieri indurranno inoltre una media di 4000 occupati indiretti.
5 anni dopo l'entrata in servizio della nuova linea si creerà oltre 500 posti di lavoro.
Il progetto non genera danni ambientali diretti ed indiretti, e assolutamente sostenibile. Il progetto complessivo si sviluppa in gran parte in galleria a fronte di un'estensione di 81,1 km solamente il 12% è allo scoperto non producendo così alcun effetto sul suolo in quanto non limitano l'agricoltura e nessuna attività dell'uomo.Le tratte in superficie sono molto ridotte e si collocano in aree già in gran parte compromesse.
Per quanto riguarda l'aspetto della radioattività, in nessuna formazione indagata è stata individuata una presenza significativa di uranio e tutte le misure risultano al di sotto della soglia di legge.
Infine da un approfondimento delle problematiche dell'amianto risulta che le rocce possono avere una presenza sporadica con una quantità massima stimata intorno al 15% nei primi 400 mt del tunnel di base. Per lo scavo in queste formazioni sono state previste specifiche procedure di sicurezza. Queste procedure prevedono un monitoraggio continuo del fronte di scavo da parte del geologo ed un monitoraggio dell'aria all'interno nell'imbocco della galleria. La realizzazione della linea produrrà una rilevante quantità di materiale di scavo. Si prevede di massimizzare il riutilizzo del materiale scavato con opportune tecniche di valorizzazione riducendo la quantità da mettere in deposito del 44%. Il rimanente 56% del materiale scavato sarà messo in deposito cogliendo l'occasione per effettuare interventi di riqualificazione ambientale. La movimentazione del materiale avverrà su nastro trasportatore e poi su ferrovia; questo modello è stato considerato il più idoneo in quanto permette di evitare effetti sull'ambiente derivanti da emissioni di mezzi di trasporto pesanti su gomma.
L'intero progetto interessa complessivamente 112 comuni tra Lione Torino. Tutti gli 87 comuni francesi e la stragrande maggioranza di quelli italiani non si sono opposti all'opera. I comuni italiani contrari sono circa 12 ma se consideriamo quelli direttamente interessati alle tratte in superficie o cantieri sono solo 2, esplicitamente contrari, Chiusa San Michele e Sant'Ambrogio di Torino per un totale di 6500 abitanti.
Analizziamo i motivi e cerchiamo una risposta evitando sterili complottismi.
Le moderne batterie agli ioni di litio (usate anche per alimentare veicoli della Nasa su Marte) hanno una densità di energia di 160 Wh/kg.( la benzina è di circa 12600 Kw/Kg ) Possiamo notare che per raggiungere una energia sufficiente i costruttori di auto sono costretti a installare batterie molto pesanti. La Nissan Leaf per esempio, monta una batteria da 200 kg ,per ottenere una energia di 24Kw/h e un autonomia media di 130 km. L'autonomia di una batteria per auto viene condizionata da diversi fattori:
la resistenza dell'aria, atriti delle ruote , atriti di parti meccaniche , uso di dispositivi elettrici etc.
La tabella sotto, che mostra l'energia usata della Nissan Leaf , fà comprendere come questi fattori siano determinanti per stabilire l'autonomia media di questa batteria.
Si puo' deddurre che facendo uso di velocità medio/basse siamo esclusi dall'uso dell'autostrada. Viaggiare a velocità di 80 km saremmo soggetti a continui sorpassi dai camion che provocherebbe un pericolo costante alla nostra guida. L'autonomia della batteria è uno dei limiti dell'auto elettrica.
Pazienza, la useremo in città. Negli agglomerati urbani (senza autostrade) le cose potrebbero andare meglio, ma non è cosi'. In città , accellerazioni e frenate sono molto frequenti e costano energia, parte di questa energia viene recuperata dal sistema start/stop ma, non sufficiente per ottenere un'autonomia maggiore di 130 km. (Questi dati sono rilevati dagli utenti della Nissan Learf).
Tutto sommato 130 km per un uso cittadino non sono pochi , ma i cittadini sono tanti e qui sorge il problema delle ricariche.Se diffondiamo l'auto a 10 milioni di esemplari
( in Italia circolano circa 35 milioni di auto) allo stato attuale siamo in grado di far fronte alla richiesta di energia ?
L’auto elettrica si ricarica di notte, quando i consumi sono bassi e l’elettricità costa meno. Per ricaricare una batteria di 24 Kw/h (Nissan Leaf) in 8 ore (notte) si assorbe una potenza di 3 Kw/h dalla rete elettrica.
3Kw per 10 milioni di auto assorbe una potenza di 30 GW dalla rete , la potenza installata in Italia è di circa 118 GW quindi non ci sono problemi se non quello di possedere un box auto per la ricarica.
In caso contrario ci serve una colonnina di ricarica o un sistema di ricarica veloce con cui ricaricare la batteria in pochi minuti.Gli standard attuali permettono di ricaricare la batteria in 15 minuti, di conseguenza riducendo i tempi di ricarica, l'assorbimento di energia è maggiore.
Per mandare in tilt la rete, facendo questi conti (per fare un esempio) bastano 5 milioni di auto in ricarica in contemporanea negli stessi 15 minuti per assorbire 120 GW contro i 118 GW della rete elettrica. La potenza richiesta per il fabbisogno Italiano si aggira a 38 GW (potenza elettrica istantanea).Tra la notte e il giorno oscilla mediamente da 22 a 52 GW.
Il fabbisogno va' sommato ai 120 GW assorbiti dalle auto, che grava ulteriomente il deficit elettrico .
Inoltre c'è da considerare il grande investimento richiesto per l'installazione capillare di colonnine di approvigionamento per agevolare e consentire la ricarica veloce.
In Italia ci sono circa 24.000 distributori di benzina.
Un progetto francese (Telewatt) in fase embrionale è in corso per risolvere il problema della distribuzione, sfruttando i lampioni elettrici delle strade.
Un'altro fattore non di poco conto dell'auto elettrica sono i materiali usati per la carrozzeria.Oggi si continua a preferire l'acciaio che garantisce bassi costi e maggior sicurezza in caso di incidente stradale.
Si puo' ridurre il peso usando materiali migliori ma molto piu' costosi, per esempio leghe di alluminio (usate anche per le strutture degli aerei), la plastica rinforzata con fibra di carbonio (usata in F1).
L'immagine del post mostra un auto elettrica costruita proprio con questa concezione.
La Tesla Roadster a 2 posti, costruita in alluminio e CFRP, monta una batteria da 53 kWh, più del doppio della Leaf. Nonostante la batteria pesi 400 kg, grazie all’impiego dei materiali avanzati la Roadster pesa solamente 1200 kg ed ha un’autonomia di oltre 400 Km. Il costo si aggira intorno ai 100.000 euro.
Appetibile ma costosa e non alla portata di tutti.
Quindi i problemi da risolvere sono: Batterie, Assorbimento elettrico, Distribuzione energia e Materiali
Se la ricerca e le idee sono stimolate, fra qualche anno forse possiamo giungere al traguardo e riuscire a costruire un automobile economica ed ecologica alla portata di tutti.
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